Tempio della Madre, Lyr – L’Alba dei Tempi.

Il Primo Oracolo era stanco. Tutti potevano vedere le rughe che gli solcavano il volto, anche a metri di distanza. All'interno del tempio, il silenzio pesava almeno quanto le parole che egli stava per pronunciare. L'Oracolo abbassò lo sguardo e deglutì, muovendo i passi che lo separavano dal centro della sala. Tutti si stupirono di vederlo così...umano.
«Sorelle» esordì, sorridendo ai volti giovani delle Custodi. «Fratelli», continuò, salutando gli oracoli sui loro scranni, e i rappresentanti di ogni tribù che pendevano dalle sue labbra.
«E' un giorno triste per il regno di Lyr. La terra soffre. Sento i suoi gemiti durante il mio sonno. Gli umani ci hanno depredati di ogni nostra forza. I tempi di Lyr sono caduti sotto i loro fendenti. Gli alberi dei Lakyan hanno perso la loro linfa vitale, a causa delle loro guerre», il Primo Oracolo trasse un respiro, la voce rotta dall'emozione.
«E' giunto il momento di dividere i mondi». Le parole del Primo Oracolo risuonarono nel tempio, portando confusione nelle menti degli astanti, e tumulto nelle voci del palazzo. Nessuno aveva mai osato tanto: i Due Mondi avevano sempre convissuto in armonia, secondo un patto reciproco che gli intimava solidarietà e fratellanza. Ma gli umani avevano oltrepassato ogni limite, e non potendo riparare ai loro danni, gli abitanti di Eventyr erano costretti ad una sola misura.
Dalle ultime file, una voce calda risuonò tra le pareti di cristallo.
«Oracolo, le genti di Shraeden chiedono il permesso di poter restare nel regno di Eventyr».
L’Oracolo osservò l’umano, di cui aveva grande stima, nonostante avesse il temperamento di un bambino geloso. «Perché dovremmo considerarvi diversi dalla vostra stessa gente, Freyden?», chiese l’Oracolo.
L’umano non si scompose, e non perse la calma, come era facile aspettarsi. Alzò il mento, sicuro di sé e delle parole che stava per pronunciare.
«Non tutti gli umani sono uguali, signore, e la gente di Shraeden l’ha dimostrato. Quante battaglie abbiamo combattuto affianco dei popoli di Eventyr, donando il nostro sangue per quello delle sirene, i nostri bambini per i piccoli druidi, le nostre anime per i vostri Lakyan? Il mondo comune non ci interessa. Gli affari umani sono sterili, e non hanno bisogno di noi. Ogni abitante di Shraeden ora ha una vita qui».
L’Oracolo sapeva che Freyden aveva ragione, vedeva la bontà del suo cuore e la forza del suo animo. Con un gesto solenne, l’Oracolo salì al centro della piattaforma, sospesa su un lago di ninfee, e alzò il mento verso il suo pubblico.
«Il vostro popolo dovrà rinunciare alla sua umanità. Dovrà diventare uno di noi».
Freyden abbassò lo sguardo. «E’ un prezzo equo».
L’Oracolo annuì, e si preparò a declamare la sua decisione finale. «Da oggi in poi il mondo di Eventyr e il mondo umano non avranno più alcun contatto. Gli esseri umani dimenticheranno la nostra esistenza, ma noi ricorderemo il torto subito, per non commettere di nuovo gli stessi errori. I druidi e gli incantatori dell’Isola erigeranno una barriera che renda il nostro mondo invisibile agli uomini, e da questo momento, non vi sarà traccia di umano sulle terre di Eventyr».



Regno di Doineal, Mille anni dopo.

I secoli passarono, e gli umani dimenticarono Eventyr. Sirene, Banshee, Lakyan, Brenner: ormai non erano altro che creature che facevano parte delle loro leggende. Gli abitanti di Eventyr, dal canto loro, impararono a convivere senza gli umani, e al posto dell’enorme regno che una volta ricopriva l’intera isola, le popolazioni si disgregarono a formare tanti regni, uniti sotto la bandiera di un solo mondo.
All’estremo sud nacque il regno di Shraeden, abitato dai Faenir, gli umani che, in cambio della possibilità di continuare a vivere all’interno di Eventyr, avevano rinunciato alla propria umanità, diventando dei mutaforma, ma mantenendo le abilità strategiche e militari che usavano distinguerli. Offrirono alla causa di Eventyr la loro forza e il loro coraggio, giurando solennemente che il sacro suolo della Dea Madre non sarebbe mai più stato bagnato dal sangue dei suoi figli.
Più a Nord, prima delle Foreste delle Anime, sorse il regno di Doineal, abitato dagli Incantatori più abili di tutta Eventyr. Gli Incantatori non erano visti di buon occhio, nel regno, poiché, al contrario dei Druidi, la loro Magia non era buona e pura, non aveva la benedizione della Madre. Ma le sofferenze perpetrate dagli umani sui loro popoli li avevano resi più saggi, e con l’umiltà del servo avevano chinato il capo di fronte alla bandiera di Eventyr, offrendo la loro potenza e la loro Magia alla sacra causa della Madre.
Alle banshee fu offerto un villaggio, che elle però rifiutarono: ogni Banshee aveva una casa da tutelare, e quelle che non l’avevano, vivevano nel lago Taël, assieme alle poche sirene d’acqua dolce. Ma in cambio della protezione che il Consiglio aveva loro concesso, scacciando gli umani, loro acerrimi nemici, offrirono ad Eventyr i propri servigi, esaudendo i desideri che avrebbero salvaguardato l’Isola di Confine, dove molte Banshee si ritirarono.
Oltre le Montagne dei Lamenti, i Lakyan scelsero come propria dimora le Foreste già abitate dai Brenner, e insieme i due popoli offrirono ad Eventyr la dolcezza delle piante dei Lakyan e il furore del sangue dei Brenner, chinando il capo sulla fredda ed umida terra della Madre.
Sulla Baia delle Sirene nacque il regno di Roveen, dalle abili mani dei Druidi, che con la loro conoscenza delle arti magiche e del potere della Madre avrebbero donato ad Eventyr la forza di cui aveva bisogno.
Le Sirene, dal canto loro, assieme alle Banshee si votarono alla difesa dell’Isola del Confine, che nessuno mai avrebbe dovuto attraversare, ad eccezione delle Custodi delle Lacrime.
Infine, al centro dell’isola, nacque il piccolo regno di Lyr, il più modesto dei villaggi, ma anche il più potente, perché gli Oracoli di tutta Eventyr costruirono i propri templi attorno al Palazzo del Primo Oracolo, e in quelle strade li seguirono le Custodi delle Lacrime dei templi, brandendo nelle mani gli stendardi di Eventyr, suggellando l’incantesimo che avrebbe per sempre protetto l’Isola.
Per secoli l’Isola conobbe la pace che con gli uomini gli era stata negata. Vi erano giorni bui, ad esempio quando i pirati dei Faenir avevano cominciato a rapire Sirene e Banshee per potersi arricchire, ma i saggi e gli Oracoli erano sempre riusciti a riportare la pace.
La minaccia che, però, si stava abbattendo sull’isola non sarebbe stata annientata così facilmente.
Vi era, tra le piccole capanne del villaggio di Doineal, un uomo che aveva vissuto oltre mille anni. Un uomo che era vecchio quanto il tempo stesso. Un uomo che, però, con un’eternità a disposizione, non era diventato più saggio. Il tempo non aveva fatto altro che alimentare il fuoco della sua ira, creando in lui un desiderio di vendetta tanto forte e irrazionale da spingerlo ad ingannare chiunque. Gli umani avevano ucciso sua moglie, e la sua unica figlia. Gli avevano tolto tutto ciò che aveva davvero amato, e l’unica cosa che lo divideva dalla sua vendetta era un’enorme barriera incantata. Eli sapeva che da solo non sarebbe mai riuscito ad abbatterla, per quanto forte fosse la sua magia. Aveva bisogno di tutto il suo popolo, di tutti gli Incantatori. Per questo fece in modo che si diffondesse la voce che, dall’altra parte della barriera, vi fosse nascosto un amuleto di potere infinito, capace di donare, a chi l’avesse trovato, i poteri stessi della Dea Madre. Ben presto l’intera Doineal smaniava per l’abbattimento della barriera. Il Consiglio degli Oracoli non diede troppo peso a questi avvenimenti: sapevano benissimo che le voci messe in giro da Eli erano false, ma gli Incantatori risposero che in realtà volevano solo tenerli all’oscuro di tutto. Il Primo Oracolo liquidò la questione come se fosse una sciocchezza. Non sapeva, in realtà, ciò che l’attendeva.



Shraeden, dieci anni fa.

Freyden aveva regnato a lungo, facendo di Shraeden un regno basato sulla forza e sul coraggio, ma soprattutto sulla solidarietà. Era stato un sovrano giusto ed imparziale per due millenni, ma prima o poi anche lui aveva dovuto donare la sua vita in tributo alla Dea Madre. Salì al trono il suo primogenito, Oden, che però non era nulla di tutto ciò che era stato suo padre. La saggezza e la magnanimità di Freyden furono spazzate via dalla sete di potere del vendicativo Oden, che dopo aver fatto rinchiudere sua sorella e suo fratello minore, che invano tentarono di farlo rinsavire, decise che l’intera isola di Eventyr non sarebbe bastata a contenere la potenza dei Faenir, che, come era giusto che fosse, avrebbero dovuto sottomettere i popoli inferiori e dichiarare la loro supremazia. Il vero obiettivo di Oden era, quindi l’abbattimento della Barriera. Trovò, in questo suo delirante piano, l’appoggio del regno di Doineal, che nell’ombra dei suoi loschi affari aveva continuato a cercare un modo per abbattere la Barriera. E l’aveva fatto: dopo aver seminato il germe della distruzione di Eventyr, e prima di abbandonare definitivamente la vita terrena, il vecchio Eli aveva creato un incantesimo che avrebbe decretato la fine della tregua tra umani e creature di Eventyr. Egli aveva infatti scritto nelle stelle una profezia che nemmeno il potere delle Banshee avrebbe potuto annullare: una nuova stirpe di umani sarebbe nata, una nuova generazione di esseri in grado di attraversare la barriera e di distruggerla, così che i due mondi sarebbero dovuti entrare in collisione, e i più forti, finalmente, avrebbero avuto la loro vendetta.
Il regno di Doineal e il regno di Shraeden si allearono, e mentre il primo continuò ad operare incantesimi e maledizioni per l’abbattimento della barriera, il secondo schierò i suoi eserciti contro i templi di Lyr, pronti a sconfiggere l’ultimo nemico, prima della battaglia finale.



Lyr, Palazzo del Primo Oracolo – oggi.

Anthea non aveva mai visto tanta preoccupazione sul volto del Primo Oracolo. I suoi occhi erano gonfi dei pianti che lo tormentavano di notte, e le sue mani erano strette attorno all’elsa di una spada che nessun Oracolo aveva mai osato impugnare.
«Vi prego, Signore, posate il capo e riposatevi», lo pregò, chinandosi di fianco a lui.
«Mia giovane amica, non v’è più tempo per il riposo. La fine si avvicina, la sento». La sua voce tremava.
D’un tratto, i pesanti portoni di marmo si spalancarono come se fossero fatti di carta, accogliendo nell’enorme sala i tre Oracoli Maggiori.
«Signore, abbiamo forse trovato una soluzione. La Barriera non dovrà cadere».
La giovane Custode sospirò, sollevata, ma l’Oracolo non ebbe la stessa reazione: rimase guardingo, circospetto.
Alar, il Maggiore, continuò a parlare.
«L’incantesimo di Eli ha effetto su giovani fanciulli del mondo umano. Essi sono in grado di attraversare la barriera, e di indebolirla ad ogni passaggio, fino a portarla alla distruzione. Ma un solo attraversamento del confine non recherebbe danni irreversibili, e quei ragazzi debbono essere protetti dalla sete di Doineal e di Shraeden».
Alar si interruppe, incerto.
«Maggiore, la prego, continui».
«Dobbiamo trovare quei ragazzi e portarli qui, a Lyr. Solo qui saranno davvero al sicuro».
Gli occhi dell’Oracolo Maggiore si posarono sull’esile figura della Prima Custode, che, d’un primo momento, non sembrò comprendere. Anthea lo guardò, titubante, ma d’un lampo comprese: gli unici esseri in grado di attraversare la Barriera erano le Custodi delle Lacrime. E le Custodi delle Lacrime avrebbero dovuto ritrovare i Prescelti.
Anthea deglutì.
«Mio signore, io e le mie Sorelle saremo felici di seguire il volere di Eventyr, e porteremo a termine la nostra missione, nel nome di Eventyr e della Dea Madre».
La decisione e la fermezza delle parole della Prima Custode non coincidevano col tremore delle sue mani e col sudore che cominciava ad imperlarle la fronte, ma l’Oracolo non ebbe esitazioni. Aveva il potere di guardare nell’infinito, e nel cuore di Anthea vide la forza di ogni Custode.
«E sia».



Montagne dei Lamenti, pochi giorni dopo.

«Sua Maestà, l’Oracolo ha affidato alle proprie guardiane il compito di rintracciare i Prescelti e portarli a Lyr. Se riusciranno a privarli del loro potere, non potranno più alcun male alla Barriera».
La voce del Primo Ufficiale di Shraeden tremava, al cospetto del suo sovrano, il cui potere si diceva fosse infinito.
«Quell’Oracolo è un idiota», sentenziò Oden. «Se pensa di poter fermare ciò che è scritto col potere di quattro ragazzine arrabbiate…», la sua risata fragorosa risuonò per le montagne, aggiungendosi ai Lamenti che già le popolavano in gran numero. «Helya!», tuonò, chiamando a gran voce la Prima Incantatrice di Doineal. La donna, impegnata nei suoi rituali mattutini, lo guardò a malapena.
«Abbiamo bisogno di alleati. Fai le tue magie, e crea qualcosa che possa fermare quelle bambine».
La risata dell’incantatrice fu umiliante, per il sovrano. «Sei uno stolto. La Magia non può creare. Può solo trasformare. Ciò che cerchi può essere fatto solo da un altro essere. Solo una Banshee potrà aiutare la tua causa». Oden girò i tacchi e, furioso, camminò a grandi falcate verso il centro dell’accampamento.
«Che qualcuno mi porti una stramaledetta Banshee!».
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La Confraternita della Notte era conosciuta per lo più come una banda di criminali, in giro per Eventyr. Non erano che ragazzi, di varie età, specializzati in furti ed omicidi al soldo del miglior offerente. Ma adesso erano stati nominati per un compito più grande di loro.
Oden promise ad ognuno di loro pagamenti a profusione. Dopo aver rapito Keela, una Banshee dell’Isola del Confine, gli Incantatori la obbligarono ad esaudire il loro desiderio, e cioè che i membri della Confraternita del Falco che erano stati prescelti ottenessero il potere di attraversare la Barriera. Ai cinque soldati prescelti venne affidato il compito di attraversare la Barriera e trovare le Custodi delle Lacrime.
E, prima che potessero portare i prescelti a Lyr, ucciderle.



Palazzo del Primo Oracolo, oggi.

Era stupefacente, quanto in fretta potesse invecchiare un Oracolo quando il suo mondo stava per essere distrutto. Sconvolgente, quanto il terrore e la paura potessero affliggere il suo corpo, fino a spingerlo sull’orlo della morte nel giro di due giorni. «Alar, amico mio», sussurrò l’Oracolo, stringendo la mano del Maggiore.
«La Dea ha deciso di liberarmi da queste sofferenze. Sta per giungere il mio tempo. Il mio successore è già in cammino, anche se non lo sa. Ma deve arrivare presto, perché Eventyr non può restare senza il suo Primo Oracolo. Devi trovarlo, Alar. Devi salvarlo. E salva anche la mia piccola Anthea, che mi è stata tolta per sempre». Le lacrime dell’Oracolo bagnarono la tunica di Alar. «Fa’ che serva a qualcosa».
Il Maggiore soffocò i singhiozzi, deciso a non mostrare la sua debolezza, quando il Primo Oracolo aveva bisogno di tutta la forza possibile.
«Salveremo Eventyr. Il suo sacrificio non sarà stato inutile». Con un ultimo gesto, Alar chiuse le palpebre stanche del Primo Oracolo, e uscì dal Palazzo col cuore pesante.
«Fratelli», disse, alla folla di Oracoli che gemeva di dolore. «Il nostro Primo Oracolo ci ha lasciato, ma una nuova guida è già in cammino per portare Eventyr alla salvezza. La nostra devozione alla Madre ci pone ora di fronte alla nostra missione: dobbiamo salvare la Barriera, perché se due mondi collidono, nessuno sarà vincitore, se non il Caos».

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